Arte - Fotografia - Poesia - Musica

domenica 5 maggio 2013

INCROCI POSSIBILI




FOTOGRAFIE: MICROCRISTALLI DI MUTAMENTO
Non cambiare tu! Resta come sei e vedrai / che lasciando vivere il tuo tempo / puoi sentirti crescere da dentro / è difficile lo so / in un mondo che cambia come il vento / ma tu non sei vento non cambiare tu. / La stessa si! La stessa in quello che fai / l'anima, la mente, la tua idea. / La stessa si! La stessa anche quando vuoi / cambiare tutto, e tutto cambia te / non cambiare tu, non cambiare tu.
Biagio ANTONACCI, Non cambiare tu, 1998

La fece sedere nella poltrona del salotto - quella Voltaire, ora fissata così saldamente al pavimento dello studio - e la ritrasse. Apertura 5,6, un 25° di secondo. Fin dall’indomani, stampando il negativo su carta Kodakchrome, gli venne la grande ispirazione, quella che lo avrebbe reso celebre: in ginocchio davanti a lei, con le guance accese, le rivelò il suo ambizioso progetto. Se avesse fatto ogni giorno il ritratto a Lucienne, se lei avesse assunto la stessa posa, davanti allo stesso sfondo perenne, in ragione di trecento- sessantacinque scatti all’anno per tutta la vita, fino all’ora della morte, lui, Kléber, filmando poi quelle migliaia di negativi, avrebbe ricavato il documento più sconvolgente del mondo, un film unico nel suo genere. Una pellicola che, con ventiquattro pose al secondo, avrebbe mostrato il passaggio graduale e continuo dalla giovinezza radiosa di una donna alla sua piena maturità. E in seguito, se l’esperimento si fosse protratto senza tregua, sarebbero apparse sul viso della modella le stigmate antesignane della vecchiaia. che emozione! Che strana sensazione, no? vedere in sintesi l’usura operata dal tempo! presagire il galoppo annunciatore della fine!
Jean VAUTRIN, Il viaggio immobile (di Kléber Bourguignault), in Baby boom, 1985
In questo racconto geniale dello scrittore francese Jean VAUTRIN si traduce in visionaria follia il senso di una posa fotografica: salvacondotto verso l’eternità, trafugata in uno scatto, capace di fissare il tempo, documentandone al contempo lo scorrere e, inevitabile, il cambiamento ad esso legato.
πάντα εῖ ὡς ποταμός Tutto scorre come un fiume
Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va.
ERACLITO di Efeso o CRATILO, V sec. a.C.

Le immagini della collettiva della Galleria Fotografica Luigi GHIRRI sono attraversate da un filo invisibile che dai tempi più antichi è giunto fino a noi: la figura umana al centro della scena, ritratta in un ventaglio artistico che si articola dall’adolescenza alla vecchiaia, è ammantata dal senso latente della caducità del tempo, da un’inquietudine, a tratti da un dolore palese. Siamo protagonisti e spettatori di un’epoca ove il cambiamento è realtà vorticosa che ci involve, a tratti ci stritola. Viviamo il superamento quotidiano del nuovo che è già vecchio prima che sia del tutto compiuto, i parametri della civiltà europea si smarriscono in una nuova globalità incalzante. Si fatica a comprendere, talvolta, il senso di questo cambiamento, sempre più confusi in un frastuono assordante, ove spesso l’individuo ascolta il silenzio della propria solitudine.
Una mostra collettiva, per definizione, presuppone la condivisione di un “qualcosa” che si traduce in un progetto unico ma non certo univoco: qui ogni fotografo soppesa il suo sguardo e ogni sguardo attiva una sensibilità unica che traccia percorsi a volte contrastanti e apparentemente inconciliabili. Cambia lo sguardo e cambia la lettura di un presente sempre più complesso, un presente che si fa crocevia di visioni e progettualità. E ciascuno degli artisti firma questa collettiva, con la sua cifra, con la propria sensibilità e il suo personale linguaggio fotografico.
Tutto può cambiare, ma non la lingua che ci portiamo dentro, anzi che ci contiene dentro di sé come un mondo più esclusivo e definitivo del ventre materno.
Italo CALVINO, Eremita a Parigi. Pagine autobiografiche, 1994

Più ampiamente l’arte, intesa come libera voce di individualità dotate di una sensibilità non a tutti comune, da sempre è in grado di cogliere ciò che vibra nell’epoca di cui essa è amplificazione: l’artista possiede sensori speciali, capta onde e percezioni capaci di oltrepassare la soglia della materiale quotidianità, per addentrarsi in nelle pieghe di ciò che l’apparenza non lascia cogliere. Per questo si può parlare di poetica dell’arte, intesa nella sua pluralità di voci ed espressioni. 

Lo scorrere del tempo, il mutare del tempo, la brevità di durata del tempo e ciò che del tempo rimane, che è il soffio della poesia

inducono il poeta Giuseppe UNGARETTI a scrivere una raccolta di liriche dal titolo Sentimento del tempo. Così l’autore ne narra la genesi:
Ci sono tre momenti nel “Sentimento del tempo” del mio modo di sentire successivamente il tempo. Nel primo mi provavo a sentire il tempo nel paesaggio come profondità storica; nel secondo, una civiltà minacciata di morte mi induceva a meditare sul destino dell’uomo e a sentire il tempo, l’effimero, in relazione con l’eterno; l’ultima parte del “Sentimento del tempo”, ha per titolo L’Amore, e in essa mi vado accorgendo dell’invecchiamento e del perire della mia carne stessa.
Giuseppe UNGARETTI, Ungaretti commenta Ungaretti, 1963
Con una fotografia attestiamo sui documenti la nostra identità, fotografie hanno scandito lo scorrere delle nostre vite, nascite, traguardi, eventi lieti; fino alla quasi aberrazione di questo nuovo secolo, in cui il più semplice telefono, trasformato in una camera alla portata di tutti, talvolta fa perdere il senso dell’esistere, sostituito da un passivo senso dell’assistere: ci si estrania dalla possibilità del vivere realistico, per fissare in una sequenza di scatti fotografici ciò che, fra un istante (peraltro non vissuto nella sua intima essenza), non sarà più.
E tuttavia, dibattendoci nel timore di una caducità che ci incalza, la fotografia ci ha offerto la rivincita sulla vita che attimo dopo attimo si consuma e ci consuma, e sulla polvere che il tempo deposita sulla nostra memoria, offuscando i ricordi.

Una delle tante date / Che non mi dicono più nulla. / Dove sono andata quel giorno, / che cosa ho fatto – non lo so. / Se lì vicino fosse stato commesso un delitto / - non avrei un alibi. / Il sole sfolgorò e si spense / Senza che ci facessi caso. / La terra ruotò / E non ne presi nota. / Mi sarebbe più lieve pensare / Di essere morta per poco, / piuttosto che ammettere di non ricordare nulla / benché sia vissuta senza interruzioni. / Non ero un fantasma, dopotutto, / respiravo, mangiavo, / si sentiva / il rumore dei miei passi, / e le impronte delle mie dita / dovevano restare sulle maniglie / Lo specchio rifletteva la mia immagine. / Indossavo qualcosa d’un qualche colore. / Certamente più d’uno mi vide, / Forse quel giorno / Trovai una cosa andata perduta. / Forse ne persi una trovata poi. / Ero colma di emozioni e impressioni. / Adesso tutto questo è come / Tanti puntini tra parentesi. / Dove mi ero rintanata, / dove mi ero cacciata – / niente male come scherzetto / perdermi di vista così. / Scuoto la mia memoria – / Forse tra i suoi rami qualcosa / Addormentato da anni / Si leverà con un frullo. / No. / Evidentemente chiedo troppo, / addirittura un intero secondo.
Wislawa SZYMBORSKA, Il 16 maggio 1973, in La fine e l’inizio, 1993
Un intero secondo: lo spazio temporale di un click, lo scatto fotografico per imprigionare un frammento di immortalità.
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI 
Savona, gennaio 2013 



NO MUOS
SEBASTIANO FAVITTA
(Caltagirone, 1957)
vive e opera nella stessa città.

Cultore della fotografia e fotografo, ne- gli anni focalizza il suo interesse su ambiti precisi: se da una parte pone particolare attenzione alla fase di ripre- sa durante la quale la camera è proiet- tata, con movimenti fulminei e simulta- nei della mano, verso il soggetto che, si sfalda e disfà sotto l’azione della luce, dall’altra matura una ricerca più concettuale che passa per il ritratto ed esplora scenari naturali, antropologici e antropici e ne indaga i contenuti in ap- parenza nascosti.
Da oltre un decennio FAVITTA associa la sua ricerca all’azione di conoscenza e promozione della cultura fotografica e dei suoi autori: dal 1998 è impegnato nella cura dell’associazione culturale Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, da lui fondata e diretta a Caltagirone.
La lunga, costante e intensa attività di promozione culturale, svolta in concor- so con varie istituzioni, enti locali e as- sociazioni, nel 2003, ha permesso la fondazione del MUSEF di Caltagirone – il Museo della Fotografia Storica e Contemporanea – del quale è consu- lente scientifico e culturale sotto l’egida della Provincia Regionale di Catania. Come autore, si segnalano le recenti partecipazioni al Circuito Off, Fotogra- fia Europea 2012 di Reggio Emilia, nella collettiva “L’irriducibile differenza” presentata a Gattatico e, nella Villa romana del Casale di Piazza Armerina EN, la video istallazione per Artesiana 2012, dal titolo La luce di Piero.
Il Mobile User Objective System (MUOS) è un potente sistema di comunicazioni satellitari, progettato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, in costruzione a Niscemi – nel cuore della Sicilia – e oggetto di una sentita e fervente protesta popolare e istituzionale. 




RITRATTI PER LA COSTITUZIONE
FABRIZIO FRIXA
(Catania 1965)
vive e opera nella stessa città.

L’autore si accosta alla fotografia nel 1993 quando, dopo il brevetto di som- mozzatore, entra a far parte dello staff della Scuola Sommozzatori di Catania e avvia un’intensa attività didattica. Nel 1997, è Campione Italiano di Foto- grafia Subacquea per la G.R.O. Sub Catania, socio A.N.A.F. – l’Associazio- ne Nazionale Arti Fotografiche – e ottiene una serie di riconoscimenti dal mondo fotoamatoriale. Nel 1999, fre- quenta un “Corso di lettura dell’imma- gine”, tenuto dal prof. Enzo Carli, e vari workshop su paesaggio e ritratto. FRIXA fotografa a colori anche se privilegia le immagini in bianco e nero. In anni recenti si orienta alla fotografia sociale: dall’analisi dell’architettura e del paesaggio alla raccolta di ritratti di gente comune.
Nel 2009, presenta la personale Conti- nente Mediterraneo alla Galleria Foto- grafica Luigi GHIRRI di Caltagirone. Dal 2010, a fianco del fotoreporter iraniano Reza Deghati, collabora ad un vasto progetto culturale, promosso dalla Fondazione Fiumara d’Arte di Antonio Presti, per la valorizzazione di aree marginali della città di Catania. Sue immagini sono conservate al Mu- seo della Fotografia Storica e Contem- poranea di Caltagirone, nell’archivio fotografico della Facoltà di Biologia Marina dell’Università di Catania e sono pubblicate a supporto dell’attività di comunicazione dell’Area Marina Protetta Isole Ciclopi (Acitrezza, CT), dall’Agenzia di produzione foto e video Obiettivo Natura di Catania e su pubblicazioni periodiche come: Foto- sub, Taormina Magazine, Sikania, No- tiziario A.N.A.F., Print Flash, La Sicilia Ricer-cata, Atmosphere, Mondo Som- merso, Il Subacqueo



REALE INSTABILE
ANTONELLA GANDINI
(Mantova, 1958)
vive e opera a Monzambano MN.

Nella sua formazione: corsi di pittura e tecniche grafiche, presso l'Accademia Cignaroli di Verona, Laurea in Filosofia e lo stage internazionale “Antonio Rat- ti” di Como, alla guida dell’artista tede- sco Gerhard Ricther.
In parallelo, l’autrice sperimenta ambiti espressivi diversi tra i quali quello foto- grafico, dove privilegia il bianco e nero. Dal 1984 prende avvio la sua attività espositiva in rassegnea nazionali e internazionali: 1997, XVI Rassegna di film e video autori indipendenti di Rimini, Premio Round per il suo primo video “Presenze”; 2003, Galleria “Carte d’arte” di Catania, personale “L’altro corpo”; nel 2004, al MAM di Gazoldo degli Ippoliti e alla Galleria Peccolo di Livorno, personale “Nature parallele”; nel 2005, Galleria Civica di Desenzano del Garda e Villa Scheiderff di Firenze, personale “Visioni silenti”; nel 2007, per il MAM di Gazoldo degli Ippoliti, cura la IIa Biennale d’Arte Fotografica “Reale instabile” e, a Caltagirone, alla Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, la personale “Morfologie”; nel 2008, col poeta basco Josè Angel Irigaray e il musicista Antonio Breschi, cura lo scambio culturale “A più voci”, Kultur- Etxko Erakusketa Aretoa, Guernika, Paesi Baschi; nel 2009, nei Tinelli di Palazzo Te a Mantova, personale “Lu- nanera” a cura di Lucio Pozzi; nel 2010, Centro Culturale Luigi di Sarro Roma, personale “Il silenzio dell’invi- sibile”, presentata dal regista Silvano Agosti.
Tra gli ultimi interessi, la mail art e un libro d’artista dal titolo “Diario intimo”, Ed. Galleria Peccolo di Livorno, pre- sentato a Parigi, Torino e Bologna mentre, nel 2012, presenta a “Indipen- dents”, Arte Fiera di Verona, il suo ulti- mo video “Solid Ligts”.



PAST PRESENT
ATTILIO GERBINO
(Caltanissetta, 1970)
vive e opera tra Riesi CL e Caltagirone.

Studi artistici e laurea in Architettura a Palermo. Fino al 2004, insegna Arte a Torino e cura vari progetti, finemente dissacratori, integrando le tradizionali tecniche artistiche al digitale. Nel tem- po, muovendo da un’indagine attenta e critica della realtà, esplora le immagini evidenziando contenuti più o meno celati per ridimensionare i più diffusi e dissennati stereotipi della contempo- raneità. Intanto, sviluppa un’attenzione particolare per il ritratto.
Tra i progetti: 2003, “VeniVidiMinxi”, vi- deo sul sistema contemporaneo del- l’arte; 2004, “Bush Pantocratore”, satiri- ci disegni di grande formato; “They weren’t there”, disegni di matrice foto- grafica dedicati al dramma delle Twin Towers; 2006, “Leo sum”, ritratti foto- grafici digitali che dialogano con identità e paure nascoste; 2007, “It’s Art but is it Art?”, ciclo fotografico in progress con oniriche vedute urbane che restituiscono la parola Art; 2011, “Topos Leo”, toponomastica dei miti personali, naturale evoluzione di “Leo sum”; 2012, “PastPresent”, il ritratto fo- tografico a confronto col passato, inte- riore e tecnologico.
GERBINO ha esposto al MUSEF e al MACC, il Museo d’Arte Contempora- nea di Caltagirone CT, alla Libreria Feltrinelli di Genova, al Castello Chia- ramontano di Racalmuto AG e al Cir- cuito Off, Fotografia Europea 2012 di Reggio Emilia, nella sede di Gattatico. Attualmente insegna Arte a Caltagirone dove scrive, progetta e cura mostre per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI e il MUSEF – il Museo della Fotografia Storica e Contemporanea – della stes- sa città, si interessa di grafica digitale per la comunicazione e sviluppa nuovi progetti, in bilico tra fotografia e arte. 



INCROCI POSSIBILI
“Incroci” come sovrapposizioni, come raddoppi, come direzioni diverse, come accoppiamenti nuovi. “Possibili” perché reali, sperimentati, vissuti, non ipotetici, non virtuali. Fotografici perché incontrati, esistenti come realtà davanti allo strumento fotografico; perche svelati proprio dal medesimo strumento e resi manifesti come documenti aggiunti, come nuovi incipit narrativi, come pretesti artistici.
Alcuni valenti professionisti dello strumento fotografico, raccolgono, qui, l’ultradecennale esperienza della Galleria Fotografica Luigi GHIRRI di Caltagirone e, insieme, muovendo da differenti presupposti, sia estetici che filosofici, di visione e di vita, incontrano il lettore nuovo e interessato, pregandolo di creare con le loro opere un possibile incrocio dove fermarsi, per un attimo, e quell’attimo approfondire, comprendere, esemplificare. Per costruire insieme il rettangolo delle parole crociate e insieme ricomporre il senso delle definizioni sciogliendo il vincolo del concatenamento tra le verticali e le orizzontali.
“L’incrocio possibile” apparirà allora il prezioso avanzo della dissoluzione del genere umano che da tanti parti si dichiara avvenuta? E testimonierà ancora della volontà di accordare all’immagine la fiducia di salvare i contorni della nostra esistenza?
In un momento in cui la parola “crisi” è sinonimo di crollo più che di turbamento, di mutazione più che di rivoluzione, i fotografi qui riuniti mettono in gioco la sicurezza del segno della loro visione e scavalcano i confini del documento e della mera narrazione abbandonandosi, e invitandovi ad abbandonarvi, ai contorni delle loro immagini, reali ed emotive, confidando che nel nuovo incontro si possa incrociare una nuova dimensione dello sguardo, possibilmente più immediata e penetrante.
L’intensità del presente progetto è pari alla sincerità e alla genuinità con la quale ognuno vi ha contribuito: vi sono presenti esperienze politiche ed esistenziali, meditazioni sulla forma e sul risultato della visione. E riflessioni sula visibilità del sentimento si sono confrontate con i segni lasciati dalle lacrime e dalle emozioni all’incrocio delle nostre rughe e delle nostre denunce.
L’incrocio possibile, allora, è anche un bisogno, una necessità: come quella avvertita dai giovani attorno a Socrate e Platone, dai discepoli attorno al Nazareno, dai cavalieri intorno ad Artù. Come ogni volta si condivide un bisogno e si cerca una via d’uscita intercettando un’altra possibile strada, un’altra dimensione.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI Catania, gennaio 2013 



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